LETTERA DEL PARROCO – AUTUNNO 2019

Carissime Sorelle

Carissimi Fratelli in Cristo,

 

Mi permetto di condividere con voi un’esperienza estiva. Mi avvicino alla casa Roc-Estello, presso la Sainte-Baume (Provenza) dove si terrà la sessione sugli insegnamenti del teologo e mistico svizzero Maurice Zundel (+ 1975 a Losanna).

Sono in strada da più di 6 ore. In Ticino e per metà della Lombardia c’erano temporali e piogge a dirotto con scarsa visibilità. Poi traffico, caselli, quasi 600 km di strada. È ormai sera. Mi assalgono gli scrupoli: “Ma dovevo venire così lontano a fare un ritiro spirituale? Impiegare tutto questo tempo di viaggio, spese di benzina e caselli? Non potevo accontentarmi e cercare un luogo più vicino?” Arrivato alla casa, una costruzione antica di secoli, fatico anche a trovare l’entrata, è ormai già notte fatta. Finalmente ad una porta qualcuno viene ad aprirmi e mi guida al salone della riunione introduttiva. Sono accolto cordialmente, benché clamorosamente in ritardo. Sta finendo il giro di presentazione dei partecipanti alla sessione. Poi mi viene dato il primo testo sul quale potremo meditare nelle ore di silenzio del mattino seguente. Il tema della sessione è appunto: “Il silenzio: grembo di Dio e dell’uomo”.

E sono folgorato! “Il silenzio non è una cosa, o una disciplina che ci imponiamo. Il silenzio è Qualcuno, alla cui presenza stiamo. Qualcuno che incontriamo ogni giorno con stupore. Inafferrabile. Eppure Lo riconosciamo.”

Sì! Valeva la pena di investire, tempo, forze e denaro per venire fin qui ed essere rimesso, come Elia, scoraggiato, sull’Oreb, alla Presenza di Dio. Del Dio vivente che si manifesta “nel silenzio di una brezza leggera.” (1 Re 19).

Sì, mi dico, abbiamo bisogno tutti di ritrovarci nel profondo e di ritrovare Dio nel silenzio, il vero “luogo” dove Lui abita.

Maurice Zundel fu un sacerdote innamorato di Dio, che viveva intensamente il rapporto con Lui.

Usava spesso espressioni paradossali: “Io non credo in Dio. Io Lo vivo.” Non un rapporto intellettuale con il Padre del Signore Gesù Cristo. Ma una relazione di apertura, di comunione, di affidamento fiducioso. Rapporto vissuto nella docilità alla luce e agli inviti che lo Spirito Santo ci rivolge nel cuore. Maurice Zundel era impregnato di Vangelo e attraverso di esso, si lasciava abitare dal Dio povero che si manifesta come Figlio fatto uomo, che lava i piedi ai suoi discepoli e muore in croce per ogni uomo e donna della storia. Non fu professore in Facoltà teologiche. Insegnò in conferenze, predicò esercizi spirituali, guidando gli ascoltatori come creature abbracciate dalla Santissima Trinità. Chiamati tutti a lasciarsi abitare nel più profondo di se stessi, dal Dio amore, perché Dio trino.

Questa scoperta può essere fatta se si riconosce che la Sacra Scrittura descrive la creatura umana fatta a tre dimensioni, distinte, ma strettamente unite. Tre dimensioni non separabili, come in una fiamma non si può separare il calore, la luce e la combustione. Noi siamo corpo/fisico, aspetto basilare, che ci distingue in mezzo a tutte le altre creature. Siamo psiche, anima, insieme di capacità razionali e affettive. Infine siamo spirito, aspetto radicato in quello che la Bibbia chiama “cuore”. Il centro dove ciascuno pronuncia il proprio “io”. Il centro dove Dio pronuncia la sua chiamata alla vita, all’incontro con Lui, per riconoscerLo, amarLo e seguirLo sulla via che è propria di ciascuno. Per scoprire il nostro cuore ed imparare ad ascoltare la Voce di Dio, per imparare a rispondere con fiducia e generosità, così da realizzare autenticamente la nostra umanità, Maurice Zundel raccomandava a ciascuno di riservarsi ogni giorno uno spazio di 15’ di silenzio totale, per scendere nel profondo del proprio cuore e lì incontrare ed ascoltare Colui che ci dona esistenza e che ci guida  al compimento della nostra umanità. Questo può avvenire, essendo noi creati ad immagine del Dio Trinità d’amore, Padre che si dona al Figlio, Figlio che accoglie l’amore e si dona a sua volta, Spirito che è abbraccio tra il Padre e il Figlio.

Sostando in meditazione su questi insegnamenti negli spazi di silenzio del ritiro, mi sono apparse in memoria le due scritte evangeliche che sovrastano le porte della nostra chiesa parrocchiale.

La prima dice: “Rimanete nel mio amore” (Gv 15,9).

Ecco, Maurice Zundel, insegnando a scendere nel profondo di sé stessi, a dimorare nel silenzio, per cercare la Sua presenza, ci insegna la via per rimanere nel suo amore. In chiesa ci andiamo non per una formalità, “Perché lo dicono i preti, o i nonni.”

Ma per un bisogno d’amore. Perché, se ci fermiamo e ci pensiamo bene, nel profondo del nostro cuore non possiamo fare a meno dell’Amore. Perché l’affetto pur prezioso dei nostri cari, alla fine non ci basta! Abbiamo desiderio di qualcosa che duri oltre l’usura del tempo, oltre i distacchi che nelle varie fasi di età dobbiamo vivere. Ecco: il Suo amore è ciò in cui possiamo radicarci per trarre linfa di amore inesauribile.

Ma la vita non è fatta solo per alimentarsi. In natura vediamo che tutto è scambio! Già solo le piante ce lo insegnano. Traggono dalla terra, dall’aria e dal sole tutto quello che permette loro di vivere. Ma quanto ci restituiscono, in ossigeno che ci ristora, fiori che danno polline alle api, frutti che ci nutrono, bellezza che ci distende, ombra che ci rinfresca …

Ecco allora il secondo messaggio evangelico sulla seconda porta:

“Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri.” (Gv 15,17).

Il comandamento nuovo (Gv 13,34). Quello che Gesù ha trasmesso dopo la lavanda dei piedi. Gesto sconvolgente per gli apostoli. Gesto sommamente rivelatore, come sottolinea Maurice Zundel, dell’autentica natura di Dio: Amore che si dona! E che svela l’autentico senso della vita di noi creature umane fatte a sua immagine: il dono di sé stessi.

Alcuni teologi osservano che in Gn 1,26 Dio si propone di creare gli esseri umani a sua immagine e somiglianza. Poi però Gn 1,27 dice che creò l’uomo solo a sua immagine! E la somiglianza? Dove finisce? Dicono questi esegeti e autori spirituali, che la somiglianza a Dio dobbiamo sceglierla noi, ascoltando la Parola e seguendo il Verbo incarnato. Allora, poco a poco, la sviluppiamo in noi.

Attingere vita e amore nel profondo di noi stessi vivendo spazi di silenzio adorante, ci rende capaci di vivere amore vicendevole nella generosità di noi stessi verso il prossimo.

Fratelli e sorelle, quanti sono i modi in cui anche nella Parrocchia possiamo vivere questo: nella visita ai malati, nella catechesi ai bambini, nel soccorso dei poveri come san Vincenzo. Perché non farsi avanti in questi gruppi?

È la vocazione e missione che i parrocchiani di allora hanno scelto come emblema per la nostra Comunità. Vogliamo raccogliere il testimone e trasmetterlo alle nuove generazioni?  A ciascuno di dare la sua risposta.

Fraternamente vostro. Don Paolo

30 settembre 2019, parrocchiamassagno