LETTERA DEL PARROCO – PASQUA 2024
PELLEGRINI DI SPERANZA
Questo è il tema voluto da papa Francesco per l’anno giubilare
ANNO SANTO 2025.
Quanti motivi di preoccupazione assillano le menti e i cuori di tutti gli abitanti del mondo. Ci siamo dentro. Ma il papa chiede a noi credenti di offrire alle persone in mezzo alle quali viviamo e lavoriamo, la luce della speranza cristiana, radicata nella fede in Colui che ha detto:
“Non temete. Io ho vinto il mondo”
(Gv 16,33). Lo ha detto ai suoi discepoli durante l’ultima Cena. Nel momento in cui ha offerto sé stesso per amore nostro nel segno del Pane spezzato e del Calice del suo Sangue versato. Il giorno seguente ha consumato sulla croce l’offerta d’amore di sé stesso, per la salvezza del mondo. Nel Vangelo secondo san Giovanni Gesù usa la parola “mondo” in due modi diversi, a seconda del contesto. C’è un contesto nel quale il “mondo” è quello ostile a Lui, il mondo retto dal principe delle tenebre. Gesù con la sua morte in croce per amore, sconfigge questo mondo. Ma contemporaneamente salva il mondo costituito da noi tutti vittime del maligno. La sua morte per amore lo porta alla risurrezione. Ecco: l’amore divino è invincibile! Strappa al falsario e divisore, al maligno, il dominio sugli uomini, perché libera dalla paura della morte, attraverso la Pasqua. La more è vinta, non ha più l’ultima parola! L’ultima parola è di Dio che fa misericordia e dona vita definitiva a quanti con umiltà si affidano a Lui.
Su questo fatto, testimoniato dalle Scritture e dalla Tradizione della Santa Chiesa, si appoggia la nostra speranza. Questo fatto ci permette di vivere gli atti di amore con libertà di cuore, senza paura di “perderci”. Perché abbiamo capito che l’amore è donare e donare sé stessi. Il dono non aspetta un ritorno, né un grazie, né un vantaggio. Altrimenti siamo ancora al commercio dei popoli antichi, compreso il popolo ebraico.
I sacrifici e olocausti bruciati al tempio sono sostituiti dal Sangue versato sulla croce una volta per tutte. Ogni santa Messa ci ripresenta questo dono, perché ciascun credente si unisca ad esso nel tempo che passa. Questo da’ senso, cioè indirizza ogni nostro atto d’amore.
Laboratori di speranza
Ecco la nostra speranza: davanti ad ogni situazione dolorosa, negativa, di morte, il credente pone il suo atto di amore gratuito in comunione con l’offerta che Gesù fa di sé sulla croce. E l’atto di amore sconfigge la morte aprendoci alla risurrezione.
I martiri sono coloro che hanno testimoniato la fede e la speranza nel modo più radicale. Ma anche tanti papà e mamme, nonni e nonne che hanno lavorato nell’ombra, compiuto servizi generosi in famiglia e ai vicini, che hanno perdonato torti pesanti, anche loro testimoniano speranza. Il caro vescovo emerito Valerio ci invitava a costruire tanti “laboratori di speranza”, lavorando a coltivare in modo evangelico le relazioni ordinarie: in famiglia, in parrocchia, coi vicini, sul lavoro. Quando due o tre credenti si impegano a vivere autentiche relazioni di amore, di pazienza, di misericordia, di servizio, lì c’è un laboratorio di speranza. In un certo modo è stato profetico. Ma è segno che lo Spirito santo lavora sempre.
Una situazione diocesana faticosa
In autunno la Chiesa Svizzera è stata scossa dalla pubblicazione di dati e informazioni relative agli abusi di vario genere commessi in ambito ecclesiale. In questo fine inverno la pubblicazione di una lettera anonima (gesto vile di chi lancia il sasso e nasconde la mano) su un presunto disagio all’interno del clero e di presunte situazioni negative in Curia, ha ulteriormente appesantito l’atmosfera ecclesiale nella nostra Diocesi. Triste constatare che alcune persone, con la pretesa di denunciare situazioni negative, ne creino una ancora più grave, seminando zizzania. Tutti facciamo l’esperienza che i difetti degli altri che più ci irritano, sono di fatto quelli che ci fanno da specchio, perché dentro ce li portiamo noi, in modo più o meno cosciente. Denunciare arrivismi e carrierismi mi sembra che riveli la frustrazione di chi è abitato dalla stessa ambizione di potere.
Triste!
Necessità di un altro sguardo
Triste vivere la vita cristiana e guardare alla vita della Chiesa solo con criteri orizzontali, mondani. Certo che siamo uomini, ma abitati dallo Spirito del Risorto. Non possiamo limitarci ad uno sguardo sociologico e politico sulla Chiesa. Abbiamo bisogno sempre di richiamarci alla dimensione di fede, di apertura alla Volontà di Dio, al destino ultimo. Siamo chiamati ad annunciare gratuitamente il Vangelo. È triste che ancora si disperdano energie in analisi e giudizi su progressisti e reazionari. Come se noi potessimo con le nostre fantasie ispirate alla cultura mondana, portare aria nuova e buona nella Chiesa.
L’allora cardinal Ratzinger, poche settimane prima di essere eletto papa, fu insignito del premio san Benedetto per la difesa della vita e la promozione della famiglia.
Nel discorso pronunciato a Subiaco disse tra l’altro:
“Ciò di cui abbiamo soprattutto bisogno in questo momento della storia sono uomini che, attraverso una fede illuminata e vissuta, rendano Dio credibile in questo mondo. La testimonianza negativa di cristiani che parlavano di Dio e vivevano contro di Lui, ha oscurato l’immagine di Dio e ha aperto la porta all’incredulità. Abbiamo bisogno di uomini che tengano lo sguardo dritto verso Dio, imparando da lì la vera umanità. Abbiamo bisogno di uomini il cui intelletto sia illuminato dalla luce di Dio e a cui Dio apra il cuore, in modo che il loro intelletto possa parlare all’intelletto degli altri e il loro cuore possa aprire il cuore degli altri. Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini. Abbiamo bisogno di uomini come Benedetto da Norcia il quale, in un tempo di dissipazione e di decadenza, si sprofondò nella solitudine più estrema, riuscendo, dopo tutte le purificazioni che dovette subire, a risalire alla luce, a ritornare e a fondare a Montecassino, la città sul monte che, con tante rovine, mise insieme le forze dalle quali si formò un mondo nuovo.”
https://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/27262.html
Ecco ciò di cui ha bisogno la Chiesa e quindi anche la nostra Diocesi.
Anno preparatorio al Giubileo dedicato alla PREGHIERA
In preparazione al Giubileo (vedi pagine seguenti in ACCENTO) papa Francesco desidera che il 2024 sia dedicato alla Preghiera. Non tanto moltiplicando le iniziative, ma riscoprendo e vivendo più intensamente il rapporto amorevole con Dio, che costituisce l’anima della Preghiera cristiana autentica.
Proprio quello che già Joseph Ratzinger indicava quasi 20 anni fa.
Non abbiamo bisogno di isolarci nella caverna di Subiaco come san Benedetto. Ma di cercare ogni giorno una pausa di raccoglimento, di silenzio, di incontro don Dio.
Due esempi concreti
Cito due esempi.
– Sin dai primi anni qui a Massagno, ho notato due sposi e papà, che al ritorno dal lavoro, sostavano in s. Lucia per 10’ – 15’ in raccolto silenzio. Ecco, venivano a deporre le fatiche e preoccupazioni ai piedi di Gesù e si vestivano il cuore per tornare in famiglia colmi della benevolenza ricevuta da Gesù.
– Quando ero a Giubiasco, una famiglia di infermieri dello Sri Lanka, arrivati come rifugiati, mi invitò a benedire la loro nuova casa. Avevano lavorato sodo, risparmiato e potuto così costruire la propria casetta. Fui stupito di trovare nella sala principale nel posto d’onore, un altarino della Parola di Dio. Su un mobiletto c’era un leggio con la Bibbia. Accanto due candelabri e alla parete il corcifisso. La TV era su un’altra parete. Il papà mi disse che tutte le sere, ad una cert’ora, spegnevano TV e radio, chiamava i figli e pregavano. Segno di croce, e invocazione dello Spirito Santo. Poi il papà leggeva una pagina del Vangelo. Ciascuno poteva dire cosa lo aveva toccato, o chiedere un chiarimento. Chi si sentiva dava una risposta. Poi potevano fare una preghiera spontanea, in base a quello che avevano vissuto nella giornata: un ringraziamento o una richiesta. Insieme il Padre Nostro e l’Ave Maria. Poi il papà invocava la Benedizione di Dio su tutta la famiglia. 10 minuti in totale. Poi ciascuno tornava alle sue cose: studio, gioco, lettura, TV.
Tornare a pregare in famiglia
Ecco, come è bello poter cogliere questi esempi e tornare a pregare in famiglia. A cominciare dai genitori. Poi coinvolgendo anche i figli.
Silenzio (della TV e dei cellulari), Parola di Dio, affidamento spontaneo, invocazione della Benedizione di Dio. Bello anche sarebbe riprendere la preghiera del Rosario, che ci fa guardare alla vita di Gesù con gli occhi e il cuore di Maria. Nulla di formale. Al contrario, fede e cuore! Quante benedizioni potranno scendere sulle famiglie e su ciascuno dei suoi membri. Quanta forza per affrontare e superare i guai che capitano a tutti.
Coraggio, fratelli e sorelle! Basta provare e si scopre la bellezza di avere la compagnia di Gesù risorto in casa propria! E Lui ci farà sentire la Pasqua sempre vera! d Paolo